L’art. 2015 cod. civ. prevede in capo al lavoratore un obbligo di fedeltà nei confronti del proprio datore di lavoro, imponendo un divieto di concorrenza e un obbligo di riservatezza.

Nello specifico, il lavoratore non può trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore, divulgare notizie attinenti all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio.

La ratio di tale norma è quella di tutelare l’interesse economico dell’impresa, e in particolare l’interesse alla capacità di concorrenza dell’impresa e alla sua posizione di mercato.

Mediante uno specifico accordo scritto tra le parti denominato patto di non concorrenza, tale obbligo di fedeltà può essere esteso anche per un periodo successivo alla cessazione del rapporto di lavoro.

L’art. 2125 cod. civ., allo scopo di non comprimere eccessivamente l’attività del lavoratore e di salvaguardarne le opportunità di occupazione successivamente alla cessazione del rapporto, impone, però, il rispetto di alcuni requisiti, pena la nullità del patto, quali:

  1. la forma scritta;
  2. la definizione dell’oggetto;
  3. la durata predefinita;
  4. l’individuazione di un ambito territoriale di operatività;
  5. la determinazione di un corrispettivo.
1. FORMA SCRITTA

Per quanto riguarda la forma scritta occorre rilevare che non è necessario che il patto sia contenuto all’interno del contratto di lavoro, ben potendo essere anche oggetto di una pattuizione separata, purché stipulato per iscritto.

2. OGGETTO

Quanto alla definizione dell’oggetto, è necessario che vengano indicate all’interno del patto – con sufficiente accuratezza – le attività che non potranno essere svolte dall’ex dipendente.

L’oggetto non potrà essere, dunque, troppo ampio o generico, in quanto non deve precludere o rendere eccessivamente difficile al lavoratore lo svolgimento di un’attività conforme alla qualificazione professionale maturata nel corso degli anni.

Sul punto, la Cassazione ha stabilito che: “Nel rapporto di lavoro subordinato il patto di non concorrenza è nullo se il divieto di attività successive alla risoluzione del rapporto non è contenuto entro limiti determinati di oggetto, di tempo e di luogo, poiché l’ampiezza del relativo vincolo deve essere tale da comprimere l’esplicazione della concreta professionalità del lavoratore in limiti che non ne compromettano la possibilità di assicurarsi un guadagno idoneo alle esigenze di vita.” (cfr. Cassazione civile sez. lav., 04/04/2006, n.7835).

Se il patto di non concorrenza impone, dunque, al dipendente restrizioni eccessivamente ampie, tali da impedirgli di poter lavorare in futuro, esso potrebbe essere nullo

3. DURATA

Per quanto concerne la durata, l’art. 2125, secondo comma, cod. civ. stabilisce che il divieto di concorrenza deve essere circoscritto entro determinati limiti di tempo.

La durata del vincolo non può essere superiore a 5 anni, se si tratta di dirigenti, e a 3 anni negli altri casi. Se è pattuita una durata maggiore, essa si riduce nella misura suindicata.

4. AMBITO TERRITORIALE

Quanto all’individuazione dell’ambito territoriale del patto, si ritiene che esso non sia rilevante di per sé, ma che la valutazione dei limiti territoriali sia strettamente connessa a quella relativa ai limiti di oggetto.

Infatti, un patto avente un oggetto piuttosto ampio potrebbe essere ritenuto legittimo purché contenuto entro uno spazio geografico ristretto. Viceversa, l’orientamento giurisprudenziale oggi prevalente ritiene validi quei patti estesi all’intero territorio nazionale, o addirittura comunitario, a condizione che i limiti di oggetto siano circoscritti, lasciando impregiudicati il diritto al lavoro e la professionalità dell’ex dipendente.

5. CORRISPETTIVO

Infine, con riferimento al requisito del corrispettivo, benché la misura e le modalità del pagamento del corrispettivo siano rimessi all’autonomia delle parti contraenti, lo stesso non può essere  meramente simbolico o sproporzionato in rapporto al sacrificio imposto al lavoratore, alla sua retribuzione, al livello professionale raggiunto e ai minori guadagni che questo potrà realizzare. Più ampio è il patto di non concorrenza, maggiore dovrà essere, quindi, il corrispettivo; se esso non risulta congruo rispetto al sacrificio imposto al dipendente, il patto di non concorrenza si considera nullo (cfr. Corte di Cassazione civile sez. lav., 01/03/2021, n. 5540).

§§§

Per valutare se un patto di non concorrenza sia valido ed efficace occorrerà necessariamente verificare il rispetto di tutti i requisiti sopra indicati ed effettuare un contemperamento fra due interessi separati e distinti, meritevoli entrambi di essere osservati:

  • da una parte occorre tenere conto delle esigenze dell’azienda affinché non vengano poste in essere da parte dell’ex dipendente attività che possano recare ad essa pregiudizio;
  • dall’altra bisogna garantire il diritto del dipendente di potere comunque esercitare, dopo la cessazione del rapporto di lavoro, un’attività lavorativa che gli consenta di produrre reddito.

E’ chiaro che in presenza di una oggettiva estrema modestia del corrispettivo e di una oggettiva estrema estensione del sacrificio della professionalità con consequenziali margini estremamente ridotti di possibilità di lavoro, il patto di non concorrenza non potrà essere ritenuto valido ed efficace.

La valutazione sull’ampiezza del vincolo, sulla congruità del corrispettivo pattuito ovvero sulla validità di un patto di non concorrenza, deve essere sempre effettuata caso per caso.

In questo articolo abbiamo esaminato in via generale il patto di non concorrenza e i suoi requisiti.

Esistono, tuttavia, una serie di risvolti e conseguenze giuridiche derivanti dalla eventuale violazione di un patto di non concorrenza da parte di un ex dipendente, per cui è sempre bene, in caso di dubbi, affidarsi ad un professionista prima della stipulazione o in seguito, per avere una valutazione sul contenuto, sulla validità ed ampiezza degli accordi.

Per eventuali approfondimenti o per una consulenza specifica, contattataci all’indirizzo e-mail info@blasivalliniavvocati.it o al numero telefonico 0287178119.

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